STORIA DI UN’INIZIATIVA POLITICA
Gianluigi Mazzufferi
1. Premessa
Di fronte all’invito a partecipare all’iniziativa per la raccolta di scritti in onore di Renzo Paci, ho provato il desiderio di contribuire, magari solo con una carrellata di ricordi. Ho pensato che potesse essere il giusto tributo ad un amico, il ricordo per un maestro, qualcosa di dovuto a chi mi aveva dato molto sul piano politico, soprattutto nei lunghi anni di militanza radicale. Le iniziative di allora furono un efficace motore in quanto si dimostrarono un atto concreto d’amore verso la natura. Inventammo e coltivammo una serie di gesti “radicali” d’impegno civile che nei fatti concretizzarono la tanto decantata partecipazione popolare, purtroppo allora come oggi sempre sostanzialmente ignorata o ostacolata. Ecco quindi, forse anche con la ricostruzione “pignolesca” della lunga sequela di fatti di quegli anni, che qui, in queste pagine, prende forma il mio contributo per ricordare Renzo ripercorrendo quegli anni che vivemmo intensamente anche attraver so un comune impegno civile1.
2. Dalla nostra conoscenza… alla raccolta delle firme
Il primo ricordo di Renzo per me è legato ad un pesce, tra i più comuni pesci d’acqua dolce, la lasca, nome che a lui evocava invece quello dello scrittore e poeta fiorentino del ’500 Anton Francesco Grazzini2. In quei tempi ero da poco allievo della moglie, insegnante di italiano alla Scuola Media, ed entrai con alcuni piccoli pesci rossi nella villetta di via Andrea Costa, dove abitavano i coniugi Paci. Tra questi pesciolini c’era anche una lasca, una specie molto comune anche nel nostro fiume, che avevo pescato durante una delle mie incursioni sul Misa. Come poi ebbi occasione di verificare in moltissime occasioni di vita il “giovane professore”, sempre attento e curioso, non si sottraeva mai all’opportunità di chiedere notizie e particolari su animali e piante della propria terra. Proprio sentendo il nome di uno di questi pesci, lasca, aveva esclamato: «allora avrebbe lo stesso nome del famoso letterato toscano…». Sarebbe troppo lungo per chi legge, e magari anche fuorviante rispetto agli scopi di questo scritto, se mi infilassi tra i tanti ricordi di quegli anni rispetto a quanto qui voglio riferire. Infatti è mio intendimento giungere al racconto degli eventi che si sono svolti alla fine degli anni ’70-inizio ’80 e poi anche, per un caso specifico, dal 1985 al 1988.
Con Renzo Paci era cresciuta, e quindi maturata, una profonda intesa politica. Fatto questo per me assai significativo in quanto concretizzatosi proprio negli anni della formazione e dello studio. Liberale nelle idee e nella militanza politica, anche quando i dissidi all’interno del partito, specie nelle Marche, lo avevano sospinto su altri lidi, Renzo era sempre restato tale. La franchezza del suo dire, talvolta con battute sarcastiche e sferzanti, fino ad apparire licenziose, gli era riconosciuta da tutti.
Indubbiamente però c’era una indiscutibile capacità di analisi politica e di critica storica nella valutazione dei fatti, degli avvenimenti, delle proposte. A quei tempi, con un gruppetto di amici e compagni, gruppo assai eterogeneo ma anche piuttosto esiguo numericamente, operava nelle Marche la struttura regionale del Partito Radicale. Renzo ne era ovviamente il leader e quindi, dalla sua fantasia e lungimiranza politica, uscì il primo abbozzo della proposta che doppiava di colpo, sostanzialmente, le diverse inconcludenti iniziative che molti di noi ambientalisti avevano coltivato, per dare concretezza ai primi progetti in assoluto in materia di ecologia. Sarebbe complicato ed anche dispersivo elencare un buon campionario, ma ne faccio cenno soprattutto per me in quanto sono sempre stato attore e protagonista di numerosi piccoli progetti, quelli cosiddetti di “micro ecologia”. Su questi si evidenziava con una immediata ed unanime considerazione la proposta per la costituzione dei parchi. In primis quello del Monte Conero e poi l’altro dei Monti Sibillini, in quanto entrambi sono indubbiamente i più noti e certamente i meglio qualificati, in quanto aree di vere emergenze naturalistiche nelle Marche. Erano quelli gli anni in cui si diffondeva e rafforzava questa convinzione, tanto che nel febbraio 1980 venne approvata una legge nazionale che prevedeva la costituzione dei parchi nazionali come enti autonomi (come già era per il Parco d’Abruzzo e per quello del Gran Paradiso). La legge individuava la ripartizione del territorio del parco in zone aventi diversificazione di destinazione e tutela. A questo si aggiungeva l’istituzione di altri otto parchi nazionali, di alcune riserve e parchi marini3. Quindi questi progressi erano apprezzati anche nel paese e non solo all’interno dei movimenti, delle associazioni e dei circoli culturali (o degli ambienti che per me erano ai tempi anche una frequentazione professionale, come ad esempio la Società Botanica Italiana). Un po’ dappertutto nel mondo della politica e nella cosiddetta “società civile” si gridava allarmati che «tra vent’anni non avremmo avuto più grandi spazi da sottoporre a protezione». Allora «non avrebbe avuto più alcun senso parlare di istituzioni di parchi» se fossimo giunti senza far nulla all’anno 2000, se non si fosse varato già da allora un massiccio programma di salvaguardia. Mi riferisco a quei documenti che portarono poi all’obiettivo, discusso e dichiarato in un famoso convegno a Camerino4, tendente al raggiungimento, entro gli anni ’80, della tutela e protezione del 10% del territorio italiano. L’Italia era allora tra gli ultimi paesi d’Europa quanto a superficie protetta. Le Marche addirittura figuravano come l’ultima tra le regioni d’Italia!
Ebbi a scrivere poi, nella relazione di minoranza per la proposta di legge numero 119, atto sostanziale per la proposta di iniziativa popolare per la costituzione del Parco del Conero, che la Regione «Marche con lo 0% di parchi nel suo territorio era ridicola se tentennava ancora per istituire il primo». Tutti ammisero poi che, se si fosse continuato a procedere con il progressivo svuotamento del testo della proposta di legge con una sequela di emendamenti che di fatto annacquavano oltre ogni ragionevole limite l’intero impianto legislativo, nulla di tangibile sarebbe rimasto. Ricordo bene come chiedessi spesso ai legislatori, forte di buoni maestri in materia, «cosa mai risponderemo ai nostri nipoti quando ci chiederanno com’era prima di oggi questo territorio»?
Negli anni ’70, con la nascita delle Regioni, vivevamo di fatto un’intensa stagione politica; questa ci faceva immaginare una effettiva e concreta possibilità di «partecipazione popolare alla formazione delle leggi». Non a caso l’articolo 44 dello Statuto della Regione Marche prevedeva espressamente, accanto ai soggetti aventi diritto all’esercizio della iniziativa di legge (Giunta e Consiglieri regionali, Consigli comunali in numero non inferiore a cinque e singoli Consigli provinciali) che fossero direttamente anche «gli elettori della regione in numero non inferiore a 5.000» a disporre di questa facoltà. Per la verità nel testo di questo articolo, in una stagione di grandi fervori sindacalistici, veniva espressamente riconosciuta la medesima facoltà propositiva anche «alle organizzazioni regionali dei sindacati», pur sempre con la sottoscrizione di almeno 5.000 elettori.
3. Come nacque la proposta di legge di iniziativa popolare
«Se ci si guardasse da vicino ci si accorgerebbe che gratta gratta l’unica disposizione ecologica che i marchigiani si sono dati in otto anni di Regione è stata quella che vieta di raccogliere i fiori in montagna», scriveva così Ermete Grifoni, all’epoca direttore della sede RAI di Ancona5. Il suo testo era già eloquente nel titolo: «Il Conero e i Sibillini: due parchi nel cassetto». Infatti, scriveva sempre Grifoni, che «se facessimo un inventario delle buone intenzioni dei marchigiani, ovvero delle cose di cui più si parla, ma che in realtà non vanno oltre lo stato di progetto, l’argomento della conservazione della natura farebbe da capolista». In quegli anni era attiva nelle Marche, come già accennato, la struttura periferica del Partito Radicale, allora organizzato su base regionale. Fu da questa sede che si riuscì ad organizzare ad Ancona, il 19 aprile 1979, nella sala della Provincia, un convegno per dibattere l’argomento “parchi”. Fu in questa occasione che passammo all’azione proponendo ai marchigiani di raccogliere le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare6 per “la costituzione del Parco dei monti Sibillini”.
Mentre si svolgeva proprio questa riunione, animata da un dibattito intenso e molto partecipato, venne in mente a noi organizzatori l’idea, in maniera quasi estemporanea, di affiancare all’iniziativa per i Sibillini una analoga proposta di legge per la costituzione del Parco del Monte Conero. Non vi furono indugi e quindi annunciammo all’assemblea che con questa iniziativa si sarebbe potuto sbloccare l’iter di una proposta di legge in materia, già depositata dalla Provincia di Ancona7. Questa era stata anche molto opportunamente sollecitata attraverso una iniziativa ben riuscita, promossa dalla sezione del WWF di Ancona. Si ricordava ai disattenti amministratori con un manifesto dal titolo divenuto poi memorabile, «7.000 firme nel cassetto», che era stata intrapresa questa faticosa azione di sostegno alla proposta definita dalla stessa Provincia come «una legge di eccezionale importanza dal punto di vista ambientale». Purtroppo la proposta si era poi rivelata inutile, benché fosse affiancata dalla sottoscrizione di un appello da parte appunto di 7.000 cittadini richiedenti «almeno l’inizio della discussione da parte del Consiglio Regionale delle Marche». Decidemmo all’istante, senza andare molto per il sottile, di fotocopiare il testo già elaborato dalla Provincia. Questo poteva essere senz’altro un articolato valido, per di più redatto da qualificati esperti di differenti discipline, da alcuni rappresentanti del mondo naturalistico e da diversi amministratori pubblici. Costoro erano preoccupati per la scadenza, già avvenuta nel 1975, di un antico consorzio operante sull’area fin dal 1913 fra lo Stato e la Provincia che aveva come scopo preminente quello del rimboschimento8.
Come ebbi a scrivere poi sempre nel testo della successiva relazione di minoranza per la proposta di legge di iniziativa popolare, diversi proponenti, estensori o sottoscrittori di questo atto, benché opportunamente sollecitati finanche con una lettera personale che scrissi ad ognuno di loro, non intrapresero alcuna azione, non mossero un dito per difendere quanto da loro in precedenza prodotto. Al contrario altre persone, forse perché legate al mondo ambientalista, si adoperarono attivamente, in molteplici occasioni e in ogni sede, per offrire il massimo sostegno all’iniziativa.
Il 1 agosto 1979 fu avviata, in tutte le Marche, la raccolta delle firme sugli appositi moduli vidimati dalla Regione (fig. 1).
Fig. 1. Timbro della Giunta Regionale e firma autografa del Presidente Emidio Massi. All’epoca fu per noi promotori “una grande soddisfazione” l’avergli fatto firmare, uno a uno, diverse centinaia di questi moduli!
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A questo punto fu determinante l’intenso e fattivo impegno delle associazioni naturalistiche9, mentre alcune mancarono clamorosamente all’appello. Con il procedere della raccolta delle firme sulla legge di iniziativa popolare l’iter della proposta di legge n. 93 in Consiglio Regionale ebbe di colpo una improvvisa e inaspettata accelerazione. Si era pressoché alla fine della legislatura e quindi era quanto mai legittimo il sospetto che il Consiglio Regionale rallentasse i suoi lavori, così da non pervenire in tempo all’approvazione della legge. Per di più le modifiche introdotte cambiavano in peggio molte delle disposizioni che comunque l’articolato prevedeva con una discreta organicità.
Nel frattempo divenivano sempre più difficili le relazioni con la stampa e in particolare con talune testate. Basterebbe citare il caso di un editoriale di Belfagor, lo pseudonimo con il quale si firmava il direttore del «Corriere Adriatico», Dario Beni. La testata fu di fatto lo specchio delle «esigenze» di alcuni amministratori comunali, nonché di diverse associazioni di categoria, tutte strettamente legate se non al direttore magari all’editore del quotidiano. Avevamo così un «portavoce ufficiale» delle istanze dei costruttori e dei cacciatori. Anche questo contribuì a bloccare di fatto la prosecuzione dell’iter legislativo. Vorrei ancora ricordare la proposta provocatoria, del tutto strumentale del sindaco di Sirolo, che propose addirittura il recupero di antichi usi civici legati al taglio della legna nei boschi e la costituzione di una riserva di caccia comunale a Monte Colombo. Anche altrove, ad esempio nel territorio del Comune di Ancona, venivano messe in atto grandi manovre. Ad esempio quella del «cambiamento della destinazione d’uso” di un’area prossima alla località La Trave o un’altra per la realizzazione di una cabinovia10 che scendesse a Mezzavalle. Arrivò anche quella per la realizzazione di un attracco turistico nella omonima spiaggetta. A queste fantasie si aggiungeva anche l’idea di poter utilizzare la Torre de’ Bosis come ristorante!
Il 31 gennaio 1980 si concluse la raccolta delle firme, che furono consegnate nelle mani del funzionario delegato dal Presidente del Consiglio Regionale delle Marche, dott. Alberto Bufali. Costui, un uomo colto e dipendente preparato, dimostrò poi anche negli anni successivi sempre la sua professionalità. Quella fredda mattina invernale ad Ancona alla consegna dei moduli firmati c’erano, oltre a vari sottoscrittori e firmatari rappresentanti di diverse associazioni, il professor Renzo Paci e il Presidente della Pro Natura di Senigallia Elio Ronchini che tanto si era impegnato nell’iniziativa. Le firme erano state “ripulite” – si dice così! – una ad una, con un lavoro certosino, dal professor Carlo Vernelli, attivista sempre impegnato con noi. Queste risultarono 6.21811 quindi avevamo un buon margine di sicurezza, avendo superato in maniera consistente le 5.000 previste dalla legge. Non chiedemmo nemmeno il rimborso delle spese sostenute per l’autenticazione delle firme, tant’era l’entusiasmo del momento. Subito dopo purtroppo, era soltanto il 19 febbraio, veniva messo in atto un primo tentativo per “insabbiare” la proposta formalmente depositata.
4. Note sull’ammissibilità delle proposte
E non poteva essere altrimenti! Oltre il doveroso approfondimento procedurale, giustificato forse anche dal fatto che una iniziativa del genere giungeva al Consiglio Regionale per la prima volta, venne subito richiesto dall’Ufficio di Presidenza un formale parere all’Ufficio Legislativo12 al fine di valutare se i requisiti indicati dall’articolo 8 della legge regionale n. 23/74 fossero stati puntualmente rispettati.
Il testo della proposta, redatto in 19 articoli era accompagnato dalla prescritta relazione illustrativa; l’indicazione dell’onere finanziario per la proposta era individuata con precisione nello specifico capitolo di bilancio; le firme in calce del presentatore e dei suoi sostituti risultavano regolari e così anche gli appositi moduli forniti dalla Regione, tutti vidimati da non oltre sei mesi. Le autenticazioni delle firme dei sottoscrittori con i relativi certificati che attestavano l’appartenenza alle liste elettorali erano tutte in regola, fatta eccezione per 16 firme.
Venne comunque a galla un inghippo, forse in quanto eravamo, non solo noi, di fronte a questo percorso per la prima volta. L’autenticazione cumulativa era stata fatta per ciascun modulo, mentre la legge prevedeva che questo adempimento avvenisse per ogni singolo foglio. Fu un sussulto per noi, però la relazione degli esperti del legislativo si concludeva affermando che «al massimo ci si poteva trovare di fronte ad una irregolarità formale», frutto di una svista o di mera omissione da parte del pubblico ufficiale che aveva proceduto all’autenticazione. Per di più questo fatto si era verificato soltanto per parte delle firme raccolte, cioè 3.613, mentre per le restanti 2.626 firme anche la mera formalità era perfettamente rispettata13. Tutto ciò non suscitava grande sorpresa in Renzo, forse per la sua già lunga e collaudata esperienza politica, mentre per noi giovani, per di più in larga parte provenienti da piccole realtà associative del mondo ambientalista, era evidente una sostanziale impreparazione ed anzi, talvolta, una discreta dose di ingenuità.
Il presidente del Consiglio Regionale, all’epoca l’onorevole Renato Bastianelli, lasciò che si continuasse a discutere, come se nulla fosse accaduto, l’altra proposta di legge sul medesimo argomento. Questa era da tempo presente nel calendario dei lavori
dell’apposita commissione, e il Presidente – quasi come atto di per sonale generosità – inserì il mio nome tra i convocati. Approfon dimmo l’argomento con Renzo Paci e ci sembrò evidente che non sarebbe stato corretto andare e quindi partecipare in quanto così si sarebbe ignorata la nostra proposta, quella formalmente sottoscritta da migliaia di cittadini marchigiani. Quindi declinai l’invito14 specificando bene i motivi e sollecitando il Consiglio Regionale ad affrettare i tempi per la discussione delle specifiche proposte, quelle di iniziativa popolare.
Di giorno in giorno, di settimana in settimana si approfondivano le discussioni tra noi ambientalisti, anche con nuove leve, ma per me era quasi un’abitudine fare il punto con Renzo Paci, su quanto fosse più opportuno fare e su quali iniziative intraprendere o coltivare. In questi incontri cercavamo d’interpretare, di prefigurare e quindi comunque di capire quali sarebbero state le mosse delle forze politiche regionali. Ad esempio tardava, in maniera sospetta, la formale “dichiarazione di ammissibilità” della proposta di legge da parte dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale. Più volte, e in varie maniere, sollecitammo l’onorevole Bastianelli. Scrivevamo le nostre richieste uguali nel contenuto, ma le inoltravamo in forma disgiunta con il professor Pedrotti, in quanto primo firmatario dell’altra proposta, quella relativa al Parco dei Sibillini. Sottolineavamo sempre con molta insistenza che si ascoltasse sostanzialmente “la volontà dei cittadini”.
In quei giorni Franco Pedrotti ebbe a scrivermi, molto preoccupato, che aveva la sensazione che la Regione non avesse affatto l’intenzione di far scattare il meccanismo previsto dalla legge n. 23 del ‘74. Allora, proprio per questo motivo, cercando di agire sull’opinione pubblica attraverso gli organi di informazione, egli contattò Antonio Cederna, giornalista di chiara fama, affinché scrivesse un articolo in materia sul «Corriere della Sera». Questo fu pubblicato il 27 febbraio 198015. Per altre vie, riuscimmo a sviluppare ulteriori pressioni e il 1° marzo «Il Resto del Carlino» pubblicò un testo similare.
L’11 marzo 1980 giungeva finalmente la tanto attesa comunicazione a firma del Presidente del Consiglio Regionale16 con la notizia che «la proposta era stata dichiarata ammissibile». Sempre con Renzo avevamo cercato di approfondire abbastanza gli scenari politici delle Marche per comprendere se fosse stato possibile trovare qualche collaborazione «all’interno del palazzo», ma il quadro era purtroppo sconsolante. Decidemmo comunque di procedere sempre strettamente di conserva con il professor Pedrotti come primo firmatario della analoga proposta per il Parco dei Sibillini.
Non bastavano però gli accordi tra i primi firmatari, occorreva mantenere più larga possibile la base dei sostegni esterni. Pertanto riunimmo tutti gli amici e i conoscenti ad Ancona il 21 marzo 1980 per studiare e concordare quali fossero le iniziative maggiormente efficaci da intraprendere nei confronti della Regione Marche.
Eravamo molto preoccupati per i tempi della discussione della proposta di legge, essendo evidente il fine di giungere di fatto, anche stavolta, ad un ulteriore rinvio per l’inevitabile scadenza della legislatura. Ci eravamo comunque premurati già in precedenza di cercare qualificati pareri che argomentassero come le proposte di legge di iniziativa popolare non decadessero con la scadenza della legislatura17. Queste infatti non risultano paragonabili a quelle presentate dalla Giunta e dai Consiglieri, in quanto ovviamente non sono più presenti al termine del mandato. Il medesimo giorno scrissi una “lettera aperta”, firmata anche da Pedrotti, a tutti i consiglieri regionali per spiegare come non si potesse dilazionare la discussione di una iniziativa popolare anche perché era “la prima volta” che una proposta giungeva sui tavoli dell’assemblea legislativa. Con questa lettera cercavamo anche di sottolineare, pur se in maniera estremamente sintetica, quanto fossero importanti questo tipo di scelte e quali fossero anche le raccomandazioni provenienti dal mondo scientifico nazionale ed internazionale18.
Si cercava di essere attenti un po’ su tutti i fronti e quindi, in occasione del decennale della costituzione del Consiglio Regionale scrivemmo e diffondemmo un volantino di indubbio risalto, il cui titolo ancor oggi qualcuno ricorda: NON è FESTA DI POPOLO. Come risulta dall’indicazione in calce allo stesso, in ossequio alla legge, si osserva che è stato ciclostilato presso la sede della Pro Natura, a Senigallia. A firmarlo risulterà un Comitato di Difesa Proposte di Legge di Iniziativa Popolare, ma sono forti e chiare le influenze, per non dire materialmente le espressioni consuete, severe fustigatrici dei mali della nostra politica, che impiegava proprio Renzo Paci19. Complici le elezioni20 e quindi il rinnovo dell’Assemblea Regionale, di fatto trascorse oltre un anno. Giungemmo così al 23 novembre 1981 prima che il nuovo Presidente eletto, Rodolfo Giampaoli, decidesse di assegnare alla competente Commissione, la IV, le due proposte di legge: la n. 118 per la Costituzione del parco regionale dei Sibillini e la n. 119 per la Costituzione del Parco del Conero. Ciò avvenne anche in seguito al faticoso superamento della lunga diatriba circa la decadenza o meno delle iniziative legislative, fatto questo che risaliva alla precedente consiliatura21.
Fig. 2. Il sindaco di Ancona Guido Monina in una stanza del Tribunale di Ancona, al momento della “remissione di querela”. Presenti gli avvocati Gianni Marasca, Nando Piazzolla e Nicola Sbano.
Non potevamo però tacere sulle responsabilità di quanti, fingendo di occuparsi di parchi, avevano invece coltivato soltanto i loro gretti interessi, come appunto la COLDIRETTI, le associazioni dei viticoltori, i diversi improvvisati comitati civici, la CONFAGRICOLTURA, etc. Tutto ciò avveniva mentre, ad esempio, nel comune di Numana si tentava di incrementare ancora la già massiccia cementificazione con la proposta di una variante al PRG che avrebbe consentito l’aumento di ulteriori 300.000 m³ edificati. A dire il vero assistevamo anche a manovre politiche poco comprensibili secondo i tradizionali schemi di lettura. Ad esempio quando nell’aprile 1982 il Consiglio comunale di Ancona si trovò di fronte ad una inaspettata mozione della DC che chiedeva, nel momento della discussione di una variante del piano particolareggiato di Portonovo, la tutela di alcune aree del promontorio nella «prospettiva di inclusione del futuro parco». Quasi come nota di colore si potrebbe anche far riferimento ad un episodio che avvenne in quei mesi tra noi sottoscrittori delle proposte e il sindaco di Ancona dell’epoca, il repubblicano Guido Monina (fig.2). Sempre noi ambientalisti avevamo intrapreso una battaglia contro l’ipotesi di una ulteriore costruzione in quanto si ipotizzava un maxi-albergo al Poggio. Questa fu l’occasione in cui venimmo apertamente apostrofati dalle pagine del «Lucifero», giornale di cui Monina era il direttore, come pericolosi «brigatisti verdi». Ricordiamo che in quegli anni l’Italia viveva l’emergenza drammatica delle Brigate Rosse. Il nostro ricorso all’autorità giudiziaria, una querela per diffamazione, venne accolta. Per la remissione della stessa il sindaco Monina fu costretto ad inviarci, e quindi a pubblicare anche su altri giornali, una formale lettera di scuse in cui ammetteva la manifesta esagerazione dei suoi scritti.
Fig. 3. La ricevuta della diffida, notificata a mezzo Ufficiale Giudiziario.
Giungemmo quindi, sempre con Renzo e pochissime altre persone, a sviluppare altre iniziative per muovere lo stagno. Ci venne l’idea di notificare alla Regione, con tanto di Ufficiale Giudiziario, un cosiddetto «invito formale, ai sensi e per gli effetti degli artt. 97, comma primo, e 54, comma secondo della costituzione italiana». In Consiglio regionale trovammo un solo cenno di sostegno. Fu il consigliere Carlo Latini che, in un comunicato stampa, ebbe a dichiarare «la gravità formale e sostanziale di aver omesso l’invito ai firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare».
Comunque le nostre iniziative avevano mosso molte acque tanto che allora circolava negli ambienti regionali, anche se riservatamente ma con il chiaro intento di sorpassarci!, un’ipotesi di proposta di legge per costituire non due, ma ben quattro parchi naturali. Oltre quelli del Conero e dei Sibillini, i due ulteriori sarebbero stati nei Monti della Laga e sul Catria-Nerone. Molto di questo materiale era certamente frutto d’improvvisazione e magari nascondeva interessi occulti. Talvolta le iniziative erano così criticabili che io stesso, riferendomi ad una ipotesi relativa al Parco del Conero, appunto come lo vedevano gli uffici regionali, ebbi a dichiarare che la configurazione avanzata sarebbe stata al massimo quella per «un’ aiuola verde ad uso della NATO”. Infatti la confinazione non si estendeva per nulla oltre le aree già sottoposte a precisi vincoli militari. Oggi però possiamo scrivere, senza suscitare scandalo, che forse, proprio grazie a questi vincoli (allora fa cilmente demonizzati in molti ambienti pacifisti) si sono salvati non pochi ambienti di indubbio pregio naturalistico.
5. Dall’estate 1982 in avanti
Passavano mesi ed anni e niente si concretizzava. Tentammo anche la via, peraltro difficile e poco produttiva, di far sottoscrivere un appello in materia ai sindaci dei comuni di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo. Questo non perché fossero d’accordo sull’idea di “Parco”, ma chiedendo ai primi cittadini di difendere le firme dei loro elettori. Nel frattempo avevamo sollecitato le maggiori associazioni naturalistiche presenti nella regione (WWF, LIPU e Federnatura) affinché sottoscrivessero un documento diretto ai sindaci dei citati Comuni. Il testo evidenziava anche come fosse in atto «una grave prevaricazione politica e di illegittimità giuridica» in quanto i presentatori avevano dimostrato che erano state violate alcune norme di legge e che, oltre il vizio grave della decorrenza dei termini per l’esame in sede referente, ora la Commissione del Consiglio Regionale si era riunita22 addirittura senza convocare i firmatari. Chiedevamo ai Sindaci quali «rappresentanti di migliaia di elettori” di reclamare il rispetto delle leggi, tanto più in quanto queste erano di iniziativa popolare. Queste procedure facevano pensare, più che ad errori formali e/o a trascuratezze sostanziali, a nuove forme di boicottaggio tendenti comunque allo svuotamento o al ridimensionamento dei progetti di parco. Il 12 luglio 1982 il coordinatore regionale della Federazione Nazionale Pro Natura, Francesco Fragomeno, diffondeva una dura nota di protesta sulla questione del parco ed un paio di mesi dopo, Maurizio Sebastiani focalizzava diversi aspetti del colpevole ritardo manifestato nell’esame della proposta da parte della Regione23. Di fatto ci trovavamo di fronte ad una “sostanziale illegittimità”, ma chi poteva sanzionare l’assemblea del Consiglio regionale?
Come presentatori della proposta di legge di iniziativa popolare avevamo sempre ritenuto che non potessero essere apportate modifiche per iniziativa autonoma di noi presentatori, non potendo mettere in atto una efficace consultazione con gli elettori che avevano sottoscritto la proposta stessa. Ripetevamo da tempo che non avremmo potuto modificare il testo in quanto non ci era stata delegata questa facoltà e che comunque sarebbe stato impraticabile consultare a posteriori le migliaia di elettori che avevano apposto la loro firma sulla proposta di legge. Vivendo gli scenari di queste trattative si rischiava di scivolare sempre più verso compromessi non certo finalizzati a migliorare il testo legislativo, ma tendenti invece a manovre per limare, ammorbidire e alla fine vuotare di contenuti la legge. Questa chiedeva prima di tutto “tutela e salvaguardia”, termini senza possibilità di equivoci. Purtroppo alcune associazioni ambientaliste come ARCI Lega per l’Ambiente, Archeoclub di Ancona e Italia Nostra proposero comunque una serie di variazioni al testo di legge originario e le presentarono con un blitz in sede di audizione alla Commissione competente. Quindi noi, primi firmatari, fummo costretti a dichiarare subito che queste modifiche al testo avrebbero generato confusione sia nella pubblica opinione sia tra le forze politiche e che non avrebbero costituito affatto la chiave per sbloccare l’ostruzionismo in atto sul testo originario. L’operazione avrebbe rischiato di facilitare anche “la scissione dell’iter delle due proposte”, mentre da parte nostra non perdevano mai l’occasione per sottolineare come entrambe avessero uguale dignità e quindi vantassero analoghi diritti.
Tentammo quindi una iniziativa di informazione, la più larga ed efficace possibile, convocando un’altra grande riunione ad Ancona il 7 ottobre 1982. L’incontro era davvero affollato per la partecipazione di molti cittadini da tempo sensibili a questi argomenti, di circoli e di associazioni ecologiste e culturali. Ci raggiunsero davvero da tutte le Marche. Alla fine dell’intenso momento venne riconfermata la più ampia fiducia ai presentatori e vennero confermate, all’unanimità, le azioni da loro intraprese per sbloccare lo snervante iter legislativo delle proposte.
Si giunse così, forse anche con il fervore delle nuove iniziative intraprese, ad ottenere la convocazione della IV Commissione Consiliare per il 20 ottobre. La buona notizia mostrava però anche un aspetto in negativo, in quanto nella seduta non si sarebbe discusso della proposta di legge per il Parco dei Sibillini, proposta che purtroppo resterà congelata per l’intera legislatura. Il 19 ottobre convocai un nuovo incontro. Sarebbe servito per acquisire materiale di studio e supporti logistici per l’incipiente lavoro da sviluppare sulla proposta del Conero. L’ambiente dove lavoravo assieme ai sostituti, quello della IV Commissione, era davvero problematico, se non ostile. Serviva un generoso appoggio di tutte le realtà associative del fronte naturalistico. Ci incontrammo presso la sede dell’associazione naturalistica di Senigallia. In quell’occasione, pensando di aggregare tutte le realtà delle Marche, fu costituito un apposito “comitato di sostegno”24.
Dopo la seduta del 20 ottobre, durante la quale furono richiesti al Presidente della Commissione l’acquisizione di tutti gli strumenti urbanistici vigenti nei territori del parco e anche una adeguata documentazione sulle leggi già operanti in altre Regioni, i presentatori sollecitarono anche “la partecipazione dei vari soggetti interessati” ai parchi. Questa iniziativa si sarebbe concretizzata, in sede di formazione legislativa, con la procedura delle audizioni. Dati i tempi lunghi della politica, la riunione successiva fu fissata per il 26 novembre, cioè dopo un mese. Per il persistente problema dell’altra proposta di legge di iniziativa popolare operammo anche con una sollecitazione diretta sul Presidente della IV Commissione; il senatore Giuseppe Righetti si impegnò allora a convocare almeno il professor Franco Pedrotti, in qualità di primo firmatario della proposta sui Sibillini. Si sarebbero dovuti vedere entro il 10 novembre 1982, ma l’impegno venne palesemente disatteso25.
Un’altra evidente anomalia che mi sembra opportuno ricordare, fu molto spesso quella dell’assenza di un qualsiasi verbale delle riunioni. Richiedendolo con insistenza mi era stato espressamente comunicato “che non era rintracciabile”. Così anche accadde per il nastro magnetico con la registrazione della seduta del 20 ottobre e poi di altre successive.
Nel frattempo, l’11 novembre 1982, noi presentatori cercavamo di procedere con normali attività di segreteria per avere gli strumenti indispensabili all’organizzazione e alla gestione del successivo dibattito tecnico-politico. Avevamo già individuato come necessari da consultare i testi delle leggi e delle proposte in materia esistenti presso altre Regioni; ci sembrava irrinunciabile disporre di una rassegna stampa, sia locale sia nazionale, sull’argomento parchi. Come si sarebbe potuto procedere poi ad una precisa analisi della proposta di legge senza disporre dei piani regolatori generali dei quattro comuni interessati? Dovevamo fare riferimento anche al Piano Territoriale Paesistico di Portonovo e quindi avere sott’occhio l’orto foto carta dell’intera zona. C’era stata, come già ricordato, una precedente proposta di legge da parte della Provincia di Ancona26 e senza la cartografia relativa, senza le copie degli emendamenti, già approvati in precedenza, noi dovevamo procedere a tentoni.
Era difficile disporre anche di altre risorse essenziali, come ad esempio il “progetto della variante per la strada provinciale del Conero”. Non potevamo ignorare i vincoli di tipo idrogeologico esistenti e documentati anche su base cartografica. Tutto questo materiale avrebbe dovuto essere a disposizione della Commissione e non presentato per un colpo di fortuna, magari “tirati fuori dal cilindro”, appunto come ogni tanto riuscivamo a fare27. Per lavorare con questi sussidi giungemmo al punto di elemosinare, sempre con richieste scritte più che mai formali, una stanza, un tavolo, un armadio, una fotocopiatrice e magari anche l’uso di un telefono. In pratica non ottenemmo mai niente, o molto poco, e anzi è bene ricordare, ad esempio, il caso specifico della progettazione allora in corso della “variante della strada provinciale del Conero”. Su questo fatto fu steso subito un pietoso manto di silenzio. Sembrava che la Commissione non sapesse nulla in proposito e non fosse nemmeno interessata all’argomento. Quindi, con il passare del tempo, l’opera fu progettata e poi anche realizzata dalla Provincia di Ancona. Un alto viadotto in pieno territorio del parco era uno sfregio palese, molto evidente anche osservando il paesaggio a chilometri di distanza, quindi un danno permanente, non più sanabile. L’opera resta tutt’ora quale triste memoria di quegli anni e perenne condanna degli amministratori dell’epoca. è il caso di ricordare che la battezzammo, ed ancor oggi così viene chiamata, Paolasini Strasse28.
Un capitolo particolare, che non possiamo però approfondire, fu quello della partecipazione – diretta ed indiretta – dei sindaci dei quattro comuni interessati. Talvolta presenti alle sedute, oppure volutamente assenti quando erano convocati, sempre ed in ogni maniera molto attivi, capaci di rallentare, insabbiare e vuotare di contenuti la proposta legislativa in itinere. Di fatto, in combutta con i sindaci, operarono diversi gruppi e associazioni. Il caso più tipico fu quello della FEDERCACCIA che, per la verità senza sotterfugi, si prefiggeva di dimostrare la scarsa rilevanza delle presenze faunistiche nell’area spingendosi fino alla più difficile strada di insinuare la “scarsa importanza” degli aspetti floristici e vegetazionali del promontorio. Cercammo di ovviare all’iniziativa anche formalizzando la richiesta di nominare due super-periti nelle persone del professor Francesco Corbetta, botanico, e del professor Franco Perco, zoologo. Il primo offrì subito la piena disponibilità, anche a titolo gratuito, mentre invece nulla si seppe per lo zoologo.
6. Le audizioni e le resistenze occulte
La nostra presenza e le conseguenti attività erano discretamente conosciute su tutto il territorio regionale. Eravamo impegnati, da tempo per la verità, con iniziative molto diffuse e capillari per diffondere l’idea di parco e quindi contrastare le resistenze che venivano sviluppate da diverse lobby, tutte ben finanziate e ben organizzate. Per non soccombere nel confronto in sede regionale, anche perché lo avevamo molto caldeggiato, ci eravamo impegnati al massimo per l’audizione che la commissione competente del Consiglio Regionale avrebbe finalmente tenuto con tutti i soggetti interessati. Il mattino del 25 novembre furono convocate tutte le associazioni ambientaliste e naturalistiche. Pur segnalando, anche questa volta, diversi disguidi e sostanziali resistenze da parte della Commissione (e di non pochi consiglieri regionali), ci fu offerta una intera giornata per riprendere e approfondire alcuni degli aspetti già trattati in un precedente incontro nel medesimo anno. A questo incontro però non erano stati invitati i presentatori ufficiali della proposta di legge! Ciò venne subito a galla per maldestre procedure della presidenza della Commissione, delle quali riuscimmo comunque ad avere notizia. Rintracciammo poi addirittura una nota in proposito messa a verbale! La riporto in quanto è un esempio documentato delle continue e imprevedibili difficoltà affrontate in quei lunghi anni29.
In quell’occasione vennero ascoltati Antonio Di Stasi per l’ARCI che propose alcuni emendamenti redigendoli congiuntamente all’Archeoclub di Ancona e ad Italia Nostra30. L’ingegner Roberto Capozzi illustrò la posizione del WWF, mentre il geometra Francesco Fragomeno quella di Federnatura Marche, entrambe nettamente pro-parco. L’ing. Michele Palmiotto presentò il parere, del tutto similare al precedente, a nome della LIPU, mentre per l’Associazione Difesa della Natura e del Paesaggio intervenne Marco Lion. Qui venne evidenziato l’aspetto politico della “partecipazione” facendo osservare come nella sola città di Senigallia fosse stato raccolto il 10% delle firme necessarie per la proposta di legge31. Per «Kronos 1991» illustrò il parere l’architetto Virginio Fiocco di Fano, mentre Italia Nostra era rappresentata da Maurizio Sebastiani.
Nel pomeriggio del 25 novembre continuò l’audizione ascoltando dapprima il professor Franco Pedrotti, in rappresentanza dell’Università di Camerino, che però in qualità di primo firmatario della proposta di legge sui Sibillini ebbe a lamentarsi dapprima per la grave scorrettezza subìta in quanto attendeva da tre anni di essere convocato. Sottolineò quindi come di fatto solo in quel giorno si fosse realizzata la tanto decantata partecipazione popolare, purtroppo disattesa dal comportamento dei politici regionali. Lamentò inoltre come la Regione non avesse avuto nemmeno il coraggio di dare una semplice risposta alle sue istanze, magari rigettandole, costringendolo quindi a scrivere ripetutamente lettere, telegrammi e ad inventare sollecitazioni di ogni tipo. A proposito del Conero il professor Pedrotti espose con chiarezza come la tutela di questo biotopo «rivesta una grande importanza a livello mondiale” facendo riferimento anche agli studi da lui svolti già nel lontano 1965. Ebbe a citare inoltre quelli più recenti, opera di un suo collaboratore, il professor Edoardo Biondi32. La richiesta di tutela non proveniva solo dalle università, ma anche dal CNR, dalla Società Botanica Italiana e da altri organismi scientifici internazionali. Pedrotti escluse decisamente che fossero necessari altri approfondimenti di studio per questo parco in quanto «nulla aggiungerebbero ai dati già noti», ma anzi evidenziò che avrebbero avuto «il risultato di buttar via denaro pubblico». Per la sua esperienza in materia era più che opportuna la costituzione di un Ente Parco, anche se non escludeva che potesse funzionare un consorzio. Invitò infine il Consiglio Regionale a non consentire in nessun modo la caccia in quanto, se così fosse stato sarebbe sorto un controsenso, anche in termini educativi, di fronte a tutti, ma in particolare ai ragazzi. Concluse con alcuni riferimenti al parco marino che, per logica di cose, doveva essere costituito nella fascia prospiciente il promontorio. Subito dopo venne ascoltato l’avvocato Alberto Lucchetti, portavoce della Federazione Italiana della Caccia, che ebbe subito a definire il progetto di parco «un monumento all’inutilità», mentre, facendo riferimento alla possibile costituzione del Parco dei Sibillini, ammise invece che «questo poteva essere profondamente diverso». In rappresentanza dell’Ente Provinciale del Turismo intervenne il Presidente pro tempore, signor Renzi, che si destreggiò con contestazioni generiche e del tutto qualunquistiche, senza alcun riferimento al progetto in esame. Per il Comitato Regionale ARCI-caccia delle Marche intervenne il sig. Paolucci denunciando i rischi di «museificazione della natura». Sulla medesima linea fu anche l’intervento svolto dal segretario regionale dell’UNAVI che espresse preoccupazione per la «riduzione dei terreni destinati alla caccia», mentre Galeazzi che rappresentava l’ARCI Marche eluse il tema dell’audizione, ma approfittò dell’occasione per magnificare le molte valenze della sua associazione con interessi «dalla caccia all’ambiente, dallo sport alla pesca, dagli scacchi alla dama». Infi ne aggiunse, quasi ironicamente, «chi più ne ha più ne metta». Per l’Università di Urbino parlò il professor Peris Persi, docente di geografia presso quell’ateneo. Molto efficacemente sottolineò come il Parco del Conero avrebbe potuto essere già realizzato negli anni passati. Svolte alcune considerazioni basilari, assicurò che avrebbe consegnato successivamente una relazione scritta, maggiormente articolata33. Le audizioni proseguirono il mattino del 2 dicembre 1982 con l’intervento di Raffaelli per la Federazione Regionale dei Coltivatori Diretti, che espresse diverse perplessità sulla proposta ritenendo addirittura «inutile la costituzione di un Ente Parco per il Conero». Per la Confcoltivatori ebbe la parola il sig. Marescia che avrebbe voluto veder modificata la proposta «con l’inserimento di finanziamenti atti a sviluppare l’agricoltura». A rappresentare la Lega delle Cooperative fu incaricata Valeria Mancinelli che non formulò alcuna critica precisa, ma soltanto generici dubbi sul «fondo iniziale di dotazione” in quanto, secondo le sue valutazioni, sarebbe stato del tutto insufficiente. Seguì ancora un intervento, per conto del SICEP che riteneva «il parco uno strumento utile anche per evitare inutili costruzioni edilizie anche in questa zona».
Il rappresentante della CGIA, signor Italiano, si disse preoccupato per il fatto che «il parco avrebbe potuto costituire un altro carrozzone e magari danneggiare diverse aziende artigiane con l’intenzione di ampliarsi». Per l’Associazione Industriali parlò Riccottilli evidenziando come, a giudizio della sua categoria, «i vincoli sarebbero troppo estesi ed insopportabili» fino al punto di accusare le associazioni naturalistiche di volere, con questo strumento, che «questo parco diventi una foresta vergine». Al contrario, Balloni, rappresentando la Confcommercio, espresse un parere decisamente favorevole in quanto riteneva che «la conservazione naturale avrebbe rappresentato anche un effettivo sviluppo sociale ed economico per le popolazioni». Sempre per la Confcommercio fu presente il signor Carlo Riginelli34, che consegnò una nota scritta con un parere decisamente favorevole al progetto di legge. Qui si leggeva: «la proposta è a favore della comunità, del turismo, del commercio e dello sviluppo economico [inoltre] così si salvaguarda un bene non difendibile con altri mezzi legislativi».
Fu il professor Renzo Paci ad esporre il parere dell’Università di Macerata che sottolineò dapprima come la proposta di legge di iniziativa popolare (che ben conosceva) null’altro era che «l’esatta riproduzione di quella avanzata nella precedente legislatura dalla provincia di Ancona». Mise subito in evidenza come il Conero sia sempre stato «un’area naturale unica nel suo genere dal Gargano al Golfo di Trieste [e quindi] un patrimonio collettivo che può diventare ancora più patri monio collettivo nella misura in cui creeremo, con il parco, le condizioni per una buona fruizione». Ebbe anche a ricordare alla Commissione la realtà turistica della regione marchigiana sottolineando come «il Conero, con l’istituto del parco, diverrebbe un motivo in più d’attrazione per i turisti». Entrando ancor più nel merito della proposta, evidenziò come non occorreva «mettere in campo soluzioni faraoniche, [ma che era sufficiente] ad esempio per il personale… attingere dalle amministrazioni regionali e provinciali»35. Renzo Paci ricordò infine come la proposta del Parco del Conero era di fatto accompagnata da «una analoga per la costituzione di quello dei Sibillini [e quindi che era] un dovere del Consiglio Regionale esaminarla con urgenza».
Intervenne quindi l’assessore all’Urbanistica del Comune di Ancona, Giancarlo Mascino che riprese i concetti esposti dal professor Paci e spiegò con logica stringente come fosse «indilazionabile la realizzazione del parco». Quindi approfondì alcuni aspetti che potevano coinvolgere il futuro assetto del parco e si soffermò ad esempio sulle «possibili modifiche al piano per Portonovo». Nemmeno a dirlo, decisamente contrario al Parco era il sindaco di Numana, Palazzesi. Costui si faceva forte del «parere contrario espresso all’unanimità” dal Consiglio comunale e tentò di cavalcare un consunto argomento, quello relativo ad ulteriori potenzialità di «sviluppo residenziale e turistico dell’intera area». Per la Provincia di Ancona era presente l’assessore all’ecologia signor Fogliardi che purtroppo dimostrò di non conoscere nemmeno la proposta depositata. Lui infatti riteneva che questa non coincidesse con quella già avanzata dall’Ente, di cui lui stesso era amministratore! Per il Comune di Sirolo intervenne il signor Galeazzi, vice sindaco, che pur temendo «la mortificazione di alcune attività a danno di particolari categorie» ammise36 che «il parco in qualche modo bisognava pur farlo».
L’anno 1982 ebbe a concludersi anche con l’impegno pubblico del Gruppo Consiliare Comunista, che chiese l’iscrizione all’ordine del giorno del Consiglio della proposta di legge; così si sarebbe ottenuta la calendarizzazione in aula entro la fine dell’anno. Nulla però accadde. La IV Commissione venne poi convocata soltanto il 10 marzo dell’anno successivo, per di più, come sempre, con una disorganizzazione evidente (forse addirittura voluta o comunque tollerata da chi intendeva dilazionare) che intralciava la discussione della proposta stessa. In pieno accordo con gli amici di sempre, Renzo in prima fila, continuavo faticosamente a denunciare assieme ai colleghi firmatari l’inerzia della Regione37.
7. Una esperienza illuminante
Nel tentativo di far conoscere le nostre proposte e di sollecitare la discussione delle leggi istitutive, mi capitò un’occasione che sembrava quanto mai propizia. Si sarebbe svolto a Pisa dal 20 al 22 settembre 1982, promosso dall’Associazione dei Geografi Italiani e dalla Facoltà di Economia e Commercio di quella Università, un convegno sul tema I Parchi Nazionali ed i Parchi Regionali in Italia. Si trattava di scrivere un contributo, quindi di presentare una comunicazione in una sede prestigiosa e affrontai la redazione di un testo avente per titolo Il monte Conero ed il suo parco. Fui presentato da un docente universitario al professor Mario Pinna che era titolare della cattedra di Geografia Economica della Facoltà di Economia e Commercio, nonché l’organizzatore di questa iniziativa. Preliminarmente inviai il riassunto che fu accettato, poi scrissi il testo integrale da presentare alla seduta del pomeriggio del 21 settembre. Quindi successivamente, ma sempre entro i tempi stabiliti, consegnai il dattiloscritto e le illustrazioni per la stampa del volume degli atti. Il 3 gennaio 1983 accadde però qualcosa: il professor Pinna mi restituì lo scritto con questa annotazione: «non in armonia con i fini del volume stesso»38.Così seppi che non sarebbe stato più pubblicato!
Poco dopo, questo piccolo “incidente” divenne assai più interessante, perché nel frattempo era stato inserito nel volume degli atti un contributo sul medesimo tema. Uno scritto che però non aveva seguito la normale procedura d’ammissione e, guarda caso, era stato redatto da un funzionario della Regione Marche. Ricordo molto bene i duri commenti, anche sulla bocca di Renzo, per questa spiacevole vicenda. Ricordo soprattutto i suoi in quanto chiunque lo conosceva sapeva che non era certo incline a chiudere gli occhi di fronte ad “anomalie” del genere. Grazie agli ottimi rapporti con la rivista «Natura & Montagna» edita dalla Pro Montibus et Silvis e dall’Unione Bolognese Naturalisti, riuscii però a pubblicare subito (n. 3 del settembre 1983) il medesimo testo, corredato da una nota esplicativa che illustrava tutta la strana vicenda39.
8. Così giunse il 1983
Accade che la IV Commissione tornò a riunirsi solo dopo molti mesi. L’arresto dei lavori sembrava essersi verificato senza alcuna giustificazione. Però in quel periodo l’Associazione dei Comuni n. 12 improvvisamente iniziò ad interessarsi dell’argomento e chiese di poter divenire «soggetto attivo nella stesura delle modifiche della proposta n° 119». Il presidente della Commissione divenne paladino di tale istanza e nella prima seduta, il 29 settembre 1983, cercò di rassicurarci sull’effettiva velocizzazione dell’iter, in quanto l’Ufficio di Presidenza avrebbe incluso la discussione del Parco del Conero nel programma del trimestre successivo. Noi primi firmatari però non eravamo affatto dell’opinione che l’arrivo di un ulteriore soggetto nella discussione della proposta potesse semplificare e migliorare i contenuti della medesima. Per di più, nel corso del dibattito, la DC, per bocca del consigliere Paolo Polenta, si espresse in netto disaccordo sulla convocazione dell’Associazione dei Comuni in quanto, a suo dire «il parco si sarebbe dovuto limitare ai soli territori di Ancona e di Sirolo»40.
Fig. 4. Fotografia da me ripresa furtivamente durante una seduta della IV Commissione. Da sinistra a destra: l’arch. Giancarlo Serrani, funzionario regionale, il presidente sen. Giuseppe Righetti (PSI) ed il vice presidente Umberto Fabbri (PCI).
Questa fu anche l’occasione per rammentare come le nostre richieste di consultare alcuni qualificati esperti non avessero avuto mai alcuna risposta ed infine, per l’ennesima volta, prendemmo la parola per ricordare al presidente Righetti l’impegno, pubblicamente assunto ma ampiamente disatteso, di convocare i primi firmatari della proposta di legge per la costituzione del Parco dei Monti Sibillini. Ciò anche per evitare l’impressione che, quali primi firmatari della proposta per il Conero, non fossimo interessati all’altra, cercando di evidenziare sempre come «questi ritardi inammissibili dipendessero dai consiglieri regionali». Anche la Giunta Regionale, per bocca dell’assessore all’ambiente Patrizio Venarucci, finalmente si pronunciò, seppur genericamente, sul parco comunicando «che questi [i parchi, n.d.a.] sono previsti nel programma di sviluppo regionale e che pertanto la Giunta è favorevole ad una rapida approvazione del disegno di legge». Quindi tutti, o quasi, erano a favore della rapida discussione della proposta, ma soltanto per bocca di un consigliere del PCI, Luigina Zazio, ascoltammo l’esplicita dichiarazione «a chiedere l’iscrizione in aula entro la fine dell’anno».
Da questa data in avanti non saranno più redatti i verbali integrali delle sedute di Commissione, ma solo delle sintesi. Questa operazione era stata criticata da noi primi firmatari in quanto ritenevamo che una completa resocontazione potesse garantirci dai soliti pasticci che si praticano nel chiuso delle commissioni. Sempre in questa seduta, era presente un funzionario regionale, il compianto architetto Gian carlo Serrani, che ebbe a confermare, con nostro grande piacere, che «la 119 è in linea con la tradizione culturale dei parchi per cui c’è poco da variare sul contenuto». Nel tempo dovemmo ricordare spesso queste chiare parole in quanto vennero sempre sostanzialmente disattese dagli eventi successivi. Per la susseguente seduta, convocata in data 19 ottobre 1983 con la presenza dei rappresentanti delle Associazioni dei Comuni, non esiste di fatto nessuna documentazione scritta. Ho però rintracciato un appunto, tra le molte carte del periodo, che consente di evidenziare come l’opinione da noi espressa in quella occasione – sempre la stessa – era precisamente questa: «gli strumenti urbanistici vigenti di fatto consentirebbero già una buona tutela dell’area del Conero se gli stessi non nascondessero la costante minaccia di possibili varianti che – come noto – sono sempre risultate peggiorative».
Un’ulteriore seduta, anche questa senza alcuna verbalizzazione, si tenne in data 9 novembre. La successiva fu indetta per il 30 novembre 1983 con diverse presenze fuori programma, come quella del sindaco di Sirolo, di un assessore del Comune di Ancona, del sindaco di Numana e di un assessore di Camerano. Va ricordato comunque che in apertura si ebbe una rassicurante comunicazione del Presidente Righetti per tranquillizzare tutti i politici e gli amministratori locali presenti: «Signori, a tutt’oggi non è stata adottata nessuna decisione per ciò che concerne i vincoli, i confini del parco e gli organi di gestione». Malgrado ciò il sindaco di Sirolo chiese subito, secondo le note tecniche dilatorie, un rinvio della seduta. Il risultato era garantito, dati gli intrecci politici della Regione Marche e se ne ebbe conferma anche dalla data della convocazione successiva indicata per il 15 marzo dell’anno successivo, cioè del 1984.
Malgrado le nostre multiformi iniziative di stimolo e pressione, in questa fase soprattutto sollecitando la stampa a discutere dell’argomento, dovevamo prendere atto comunque dei tempi lunghissimi che separavano una seduta dall’altra. Ben cinque mesi questa volta. Era il 12 luglio 1984 quando tornò finalmente a riunirsi la IV Commissione che si trovò nei fatti di fronte alla “sorpresa di molte innovazioni” del testo, introdotte a seguito del lavoro svolto da “un gruppo incaricato dalla Associazione dei Comuni”. Una sorpresa se si vuole anche positiva, per alcuni versi. Eravamo finalmente di fronte a qualcosa di scritto, quindi di tangibile, di concreto sul quale finalmente potersi confrontare41. Da una rapida indagine nel sottobosco degli uffici riuscii a sapere che la relazione e l’articolato, proposti dall’Associazione dei Comuni, erano stati redatti da un tecnico venuto dalla Lombardia, un certo ingegner Almagioni, che aveva ovviamente anche percepito
una profumata parcella per le sue prestazioni professionali. Finalmente la Commissione individuò nella data del 19 luglio quella a suo parere «più opportuna per arrivare a licenziare la proposta». Sarebbero restati poi il mese di settembre e quello di ottobre per giungere all’esame dell’aula, del Consiglio Regionale, in tempo prima della fine della legislatura. In questa occasione, sempre nella veste di primo firmatario, ebbi a stigmatizzare il comportamento del Presidente del Consiglio Regionale, sempre latitante, anche dopo aver ricevuto nei mesi precedenti alcune migliaia di cartoline di protesta e di proposta42.
Fig. 5. Il lato illustrato della cartolina “pro parchi”, da noi stampata. Quindi spedita al Presidente del Consiglio Regionale, in migliaia di copie, dai cittadini marchigiani.
Con ripetute dichiarazioni pubbliche avevamo chiesto, di fronte a questo ostinato comportamento, che il Presidente del Consiglio si dimettesse. Erano innegabili i palesi ostacoli che frapponeva nei confronti della partecipazione popolare, di cui queste due proposte di legge erano il primo esempio concreto per la Regione. Questa fu anche l’occasione per rinnovare la denuncia del rischio imminente della costruzione di un villaggio turistico in località Villa Barbadoro a Sirolo. Continuavamo a protestare anche per la mancata risposta alla richiesta di notizie sull’estensione e la localizzazione dei vincoli relativi alle servitù militari gravanti nell’area del futuro parco43. Sempre vigilando sui territori destinati a parco, nei mesi successivi provammo a chiedere anche indagini e verifiche, anche per quanto atteneva il comportamento di alcuni uffici regionali. Ciò in particolare per un grande sbancamento, in località Monte Colombo, effettuato in palese contrasto con le disposizioni legislative allora in vigore per l’urbanistica, la polizia forestale, il vincolo idrogeologico etc. Ci eravamo impegnati anche, purtroppo senza concreti risultati, per effettuare una semplicissima indagine catastale nelle aree destinate al parco. Ciò al fine di individuare le effettive consistenze degli insediamenti produttivi allora esistenti in quanto queste attività venivano sbandierate sempre come le più penalizzate dai vincoli della futura legge. Se l’indagine fosse stata fatta avremmo avuto a disposizione dati incontrovertibili, cifre, numeri e non ipotesi e vaghi pareri.
Fig. 6. Il corteo si snoda lungo la Strada Provinciale del Conero.
Finalmente si giunse alla seduta del 29 settembre. Seppur iniziata in ritardo, in questa occasione ebbe a verificarsi l’assenza dei consiglieri democristiani e dell’assessore competente, che avrebbe dovuto rappresentare la Giunta. Non essendovi il numero legale i presenti preferirono comunque restare e proseguire con una discussione informale. Così, proseguendo, si riuscì ad aprire comunque, più tardi, la seduta cioè quando i consiglieri, bontà loro, ad un certo punto arrivarono. L’architetto Luigi Cristini, consigliere della DC, sorprese un po’ tutti con una inaspettata manovra proponendo una ulteriore modifica circa “lo strumento di gestione” del parco. Però, data l’assenza dei funzionari del Servizio Legislativo, questo aspetto non venne preso in esame e quindi – di fatto – si ottenne un’automatica, ulteriore dilatazione dei tempi.
Eccoci così alla seduta del 4 ottobre, dove in apertura chiedemmo la parola per informare la Commissione che avevamo organizzato una manifestazione pubblica di sostegno alle proposte di legge: la “Prima marcia per il verde per il parco del Conero”. Si sarebbe svolta sulle strade del Conero, con partenza da Sirolo. Informammo contemporaneamente i consiglieri presenti che purtroppo, anche per questa pacifica iniziativa, erano già pervenute diverse minacce anonime nei nostri confronti, come accadeva da un po’ di tempo44. Durante l’iniziativa al sottoscritto, che avevo messo a disposizione l’auto per conservare manifesti e cartelli, striscioni e generi di conforto per i partecipanti, venne gravemente danneggiata la carrozzeria dell’auto, una Fiat 127 diesel. I fatti si verificarono anche alla presenza di alcuni carabinieri e del Comandante della Compagnia di Osimo.
Fig. 7. Uno dei cartelli degli “anti-parco” nel centro di Sirolo. Minacce ed intimidazioni sono state, purtroppo, pane quotidiano per molti anni.
Fig. 8. Ancora una fotografia dei molti cartelli che tappezzavano Sirolo e dintorni. Questo era comunque l’aspetto meno violento dell’accoglienza riservataci.
È incredibile pensare che poi costoro non furono nemmeno chiamati a testimoniare quando, senza giustificazioni plausibili, l’allora Pretore di Ancona, il noto magistrato Vito D’Ambrosio, ritenne di poter archiviare l’esposto-denuncia che subito avevamo depositato. Era chiaro come non fossero state svolte nemmeno delle indagini preliminari. Tutto ciò apparve incontrovertibile quando finalmente il magistrato si degnò di riceverci e lo fece, si noti bene, solo dopo tre mesi dalla richiesta formale pretendendo che fossimo accompagnati da un legale.
Fig. 9. Malgrado la presenza delle Forze dell’Ordine vennero presi di mira, e bucati, decine di palloncini che coloravano la manifestazione.
Fig. 10. Un Carabiniere mentre tenta di respingere alcuni facinorosi che cercavano di raggiungerci ed aggredirci.
Altra seduta in data 18 ottobre, anche questa senza alcuna verbalizzazione. Si apre, come al solito, con una ulteriore denuncia da parte nostra circa il comportamento “illegale” della presidenza. è infatti scontato che il Regolamento preveda, in apertura di seduta, la lettura e l’approvazione del processo verbale della seduta precedente. Purtroppo questi verbali non ci sono mai stati. Essendo la logistica del funzionamento delle commissioni nelle mani e nella disponibilità del Presidente del consiglio Rodolfo Giampaoli, ricordai ai presenti di aver chiesto, fin dal 13 settembre precedente, un appuntamento per affrontare l’argomento, ma di non averlo ancora ottenuto. Ulteriore incontro avverrà l’8 novembre 1984 per discutere in particolare sull’articolo 6 della proposta di legge. Così si prosegue sul titolo II della legge, malgrado le limitazioni, sempre denunciate dai primi firmatari.
Nella seduta del 21 novembre si riscontra una certa accelerazione nell’esame della proposta di legge. Nel frattempo pervengono diversi ordini del giorno approvati dai Comuni di Sirolo, di Numana e di Camerano. Anche la Giunta Provinciale invia una nota, questa sì favorevole al testo della proposta. Questa è anche l’occasione in cui subentra, al posto del terzo firmatario Giancarlo Sonnino forzatamente assente in quanto da qualche tempo residente lontano dalle Marche, il quarto firmatario, Giulio Cesare Bellagamba. Con l’occasione riferisco alla Commissione di essere stato ricevuto il 13 scorso, dopo ben due mesi d’attesa, dal Presidente del Consiglio Rodolfo Giampaoli che ha fornito le attese assicurazioni per la soluzione dei problemi logistici, che da tempo ci attanagliano. Giampaoli ha anche comunicato, nella impossibilità di rispondere singolarmente alle migliaia di cartoline giunte in Regione per sollecitare la costituzione dei parchi del Conero e dei Sibillini, d’essere disponibile a ricevere una delegazione dei firmatari di questa innovativa forma di pressione. L’incontro sarà in programma per il successivo mese di gennaio.
Durante questa riunione, con la presenza questa volta del dottor Mario Conti dell’Ufficio Legislativo della Giunta Regionale, emerge finalmente con chiarezza un dato: l’Ufficio si dichiara perfettamente in grado di stendere l’articolato di legge definitivo qualora abbia indicazioni precise dalla Commissione. Purtroppo così non è e non sarà. Infatti continuavano a persistere vedute differenti, anche per gli intendimenti davvero conflittuali delle forze politiche che sedevano sui banchi del Consiglio Regionale e che risultavano, di fatto, in netto contrasto tra loro. è importante sottolineare come anche in questa fase le attività dei primi firmatari possano esplicarsi soltanto nel corso del dibattito in quanto non è possibile per loro intervenire con emendamenti, e tanto meno nelle votazioni. Questi atti sono infatti di esclusiva pertinenza dei Consiglieri Regionali.
Nella seduta del 6 maggio 1985 il sottoscritto, forte anche dell’esperienza procedurale maturata, si presentò alla seduta con una dichiarazione già scritta, da mettere a verbale tal quale, onde evitare che poi non si trovasse nemmeno la traccia di quanto detto. In sintesi questa iniziava così: «C’era una volta la 119…» e quindi proseguiva con lo stringato riassunto, una cartella in tutto, dell’incredibile vicenda. Dopo «due anni di tira e molla… dalla bozza Latini alla bozza Righetti, ai cedimenti di PCI/PSI/PRI nei confronti delle amministrazioni comunali… fino al febbraio 1985 quando i vari gruppi esterni di pressione presero atto che la “maggioranza politica era di gomma” e videro a portata di mano la vittoria assoluta, cioè niente parco». La dichiarazione proseguiva con queste esatte parole: «Noi volevamo il Parco ed abbiamo perso. PCI/PSI/PRI hanno voluto un parco finto e vuoto. Formalmente hanno vinto. Politicamente però hanno subìto la più formale sconfitta di questi ultimi anni. Ritirate strategiche progressive, vere e proprie fughe, o rincorse a ritroso verso obiettivi sempre conservatori e reazionari fino a coincidere con quelli stessi della speculazione, sono a tutti evidenti. La DC stessa, che pur sembrerebbe aver vinto, ha perso anche lei. Quando si aizzano canee come quella cui abbiamo assistito qui in Commissione poco fa, o quella già preannunciata per il 19 prossimo, o ci si fa portare sull’onda fino a Roma, come avvenne un certo 28 ottobre, o qualche anno prima al Palazzo d’Inverno, oppure si mostra di non saper controllare le situazioni, si finisce prima o poi per raccogliere la tempesta dopo aver seminato il vento».
Giunse così in aula, per la campagna elettorale, la legge per il parco del Conero, che venne approvata dal Consiglio Regionale nella seduta del 21 marzo 1985 con il n. 228, ma fu rinviata dal Commissario di Governo45. La medesima sarà poi riapprovata46 nella seduta del 17 marzo 1987 con il n. 21. Il Conero da questa data è “parco”.
Per le conclusioni traggo qualche spunto da quanto riportato nella corposa, ma si noti bene sostanzialmente ignorata, relazione di minoranza, relazione che avevo scritto anche allegandovi una copiosa documentazione. «è stata evidente la difficoltà di prendere parte ai lavori della commissione. Alcune persone, funzionari ed impiegati della Regione Marche, vanno ringraziati per la loro professionalità e collaborazione, mentre in diversi casi altri hanno mal sopportato la partecipazione popolare. La relazione stessa consentirà a chiunque avrà modo di leggerla di farsi una propria opinione circa le posizioni dei singoli Consiglieri Regionali».
Assieme ai colleghi primi firmatari, e con gran parte di quanti ci avevano sostenuto, ci eravamo fatti una ben precisa opinione circa la complessa vicenda. Con Renzo prima di tutto giungemmo alla convinzione che sarebbe stato «un dovere a questo punto quello di promuovere e sostenere una Lista Verde per le Marche». Veniva così alla luce l’opportunità della nostra presentazione alle successive elezioni regionali. Quando nell’aula del Palazzo degli Anziani di Ancona venne avanzata la candidatura Renzo Paci, che era in ballo con me per il posto di capolista, lui ebbe subito a dichiarare, e quanti allora presenti ben lo ricordano, che in caso di successo elettorale non avrebbe però chiesto l’aspettativa dall’Università. Invece il sottoscritto, anche a ragione di situazioni interne all’ente di dipendenza, avrebbe potuto assicurare, come era allora nelle linee guida del “movimento”, un impegno a tempo pieno per tutto il mandato di rappresentanza. Fu poi così. Poche settimane dopo quell’incontro venni eletto Consigliere Regionale per la Lista Verde della IV legislatura ed affrontai l’avventura.
9. Sibillini: come fu “ripescata” la proposta di legge
La proposta di legge per il Parco dei Monti Sibillini venne riproposta nella IV legislatura, il 18 ottobre 1985. Decisi di attivarla dopo il mio ingresso nel Consiglio Regionale delle Marche con la medesima procedura “provocatoria” della fotocopia del testo giacente.
Dopo le elezioni, che si erano svolte nel maggio di quell’anno, maturammo con Renzo e altri compagni di questa lunga avventura politica la convinzione di poter disporre ora di qualche concreto vantaggio al fine di “obbligare” l’Assemblea Legislativa ad iniziare almeno la discussione della proposta sui Sibillini. Proposta, si ricordi bene, formalmente depositata ben cinque anni prima, ma ignorata del tutto, o demonizzata, dalla stragrande maggioranza dei membri del Consiglio Regionale.
L’idea che un intero gruppo montuoso, il più importante di tutte le Marche, potesse essere assoggettato ad uno strumento legislativo in grado di tutelare ambienti naturali di indiscutibile valore, ci offriva uno stimolo ancor più forte ed impegnativo. Già da oltre 15 anni, nei più rilevanti documenti di ricerca, nei censimenti dei siti naturalistici di maggior importanza, in una proposta formale del CNR e quindi anche nelle iniziative intraprese da parte delle maggiori associazioni ambientaliste nazionali, si ritrovava sempre questa indicazione. Quindi la riproposizione integrale del testo già depositato, provocatoriamente anche della medesima relazione47, venne a dimostrarsi come l’unico atto praticabile anche per non allungare ulteriormente i già lunghissimi tempi di attesa e sottolineare così, al contempo, la colpevole inerzia degli anni passati. Pensavamo di poter “obbligare” così le altre formazioni politiche ad affrontare la discussione, almeno in sede di commissione. Il medesimo giorno dell’attivazione di questa iniziativa divulgavo, non soltanto a livello regionale, un comunicato stampa con la notizia del formale deposito della proposta di legge48. è quasi impossibile riassumere e segnalare le molteplici iniziative collaterali di quei mesi, di quegli anni, dall’interrogazione dei colleghi del PCI che, nel marzo 1987, essendo trascorso già così tanto tempo, chiedevano alla Giunta «urgenti provvedimenti legislativi»49, all’impegno del CAI nazionale e regionale per l’istituzione del parco con interventi mirati sui piani paesistici adottati all’epoca dal Consiglio Regionale conseguentemente all’applicazione della “legge Galasso”.
Una citazione infine deve essere riservata all’ottimo lavoro del “Comitato Promotore per il parco dei Sibillini” costituito dal CAI, Comitato Parchi, Federnatura, Italia Nostra, Lega Ambiente, LIPU e WWF che, sotto il titolo Lavoriamo per il nostro futuro affidava a Fabio Pettinari una sostanziosa relazione in materia50.
Può risultare di qualche interesse anche dar cenno, sempre per restare nel campo delle iniziative regionali, di una interpellanza svolta in aula (seduta 131, del 23 giugno 1988) che faceva riferimento alla legge finanziaria di quell’anno e che era stata depositata in quanto sembrava che finalmente la costituzione del Parco Nazionale dei Sibillini fosse in dirittura d’arrivo. In essa ricordavo che «la Regione aveva messo in atto, per diversi anni, ripetute inadempienze e palesi violazioni della volontà popolare, contrariamente alla tanto declamata partecipazione» anche dopo il deposito della «nuova» proposta, e sottolineavo la delusione per l’operato negativo del nuovo Presidente della IV Commissione, l’assessore Giancarlo Scriboni. In questa occasione ebbi a definirlo «il grande affossatore».
In quel momento però era anche facile osservare che venivano a galla «i soliti marpioni», definizione affibbiata a quanti, fino a quel momento, erano stati contrari a qualsiasi ipotesi di parco. Siccome s’intravvedeva la possibilità dello stanziamento a breve di alcuni miliardi di lire, questi soggetti non resistevano alla spinta di mettersi in prima fila, proprio ora, anche per condizionarne l’istituzione e quindi, subito dopo, per poterla gestire in qualche modo. Le proposte di legge nazionali infatti indicavano che si sarebbe dovuto costituire un comitato a livello regionale, composto da tre soggetti, individuati in modo da rappresentare gli interessi di tutti i cittadini, residenti e non.
Ovviamente, nei nostri ambienti avremmo voluto scegliere figure professionali molto qualificate, però che facessero anche riferimento agli enti ed alle associazioni che da sempre erano state in prima linea per la costituzione del parco. Vi erano persone che avevano vigilato, con una costante presenza ed un indiscusso impegno negli anni, per la salvaguardia degli ambienti naturali contrastando anche le manomissioni ambientali e gli abusi, davvero di ogni tipo, dei quali eravamo stati tutti testimoni.
Anche la Regione Marche disponeva di un «ufficio parchi» e quindi questa struttura poteva e doveva essere valorizzata, soprattutto in questa occasione. Sarebbe stato però determinante, così suggerivo nella replica dell’interrogazione all’assessore allora in carica, Elio Capodaglio, un riconoscimento – per quanto tardivo – verso il pluriennale impegno del nostro storico fronte51. Ancora una volta ricordavo come io stesso fossi uno dei tre firmatari che, da veri pionieri in un mondo ambientalista ai tempi del tutto embrionale in Italia, aveva formulato la prima proposta di parco. Per la precisione ciò era avvenuto in occasione del Convegno Nazionale di Federnatura (già Pro Natura Italica) tenutosi a Fiuggi, nel maggio del 197452.
Dall’epoca della proposta erano trascorsi oltre 10 anni ed ancora quando finalmente un po’ tutta la stampa affrontava il tema, accadeva di imbattersi spesso in affermazioni davvero raccapriccianti53.
Ultima “denuncia”, in questa occasione, fu la citazione in positivo di un bel volumetto sul Parco dei Sibillini, finalmente pubblicato proprio dalla Regione Marche. Lo scandalo, a nostro modo di vedere però stava nel fatto che, senza un briciolo di dignità e coraggio, era stato anonimamente intitolato Il comprensorio dei Monti Sibillini. Questa fu anche l’occasione per ricordare all’assessore che un qualsiasi politico che coltivi timori del genere è di fatto un “Don Abbondio” e merita d’essere messo all’indice dagli elettori. Con ciò ritornava alla memoria quanto noi ambientalisti già denunciavamo, nel 1982, a proposito delle «campagne di informazione e di sensibilizzazione ecologica» contro le quali ci eravamo ripetutamente espressi.
Dovemmo attendere infine il D.P.R. del 6 agosto 1993 per veder materializzarsi l’istituzione del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, parco che arrivava due anni dopo la legge quadro sulle aree protette54.
NOTE
1 D. Serrani, a cura di, Commento allo statuto delle regione MARCHE, Milano 1972; G. Gobbi, G. Mazzufferi, A. Romagnoli, Lineamenti e proposte per l’istituzione del Parco Regionale dei Monti Sibillini, congresso nazionale di Feder natura, Fiuggi 1974; G. Mazzufferi, Il Monte Conero ed il suo Parco, «Natura e Montagna», n. 3, pp. 45-50, Bologna 1983; G. Mazzufferi e R. Paci, Una speranza finora delusa: i parchi del Conero e dei Sibillini, Atti del Convegno Nazionale Strategia 80 per i Parchi e le Riserve d’Italia, vol. II, Camerino 1983; G. Mazzufferi, (datt. inedito), Cronistoria di una proposta, pp. 79, Ancona 1985; P. Testoni, a cura di, Il parco è…: orientamenti per una legge regionale sui parchi, Atti del Convegno tenuto a Forlì il 5-6 marzo 1982, Bologna 1984.
2 Anton Francesco Grazzini (Firenze 1504-1584) autore di commedie e poesie e cofondatore dell’Accademia della Crusca era detto “il Lasca”.
3 Si tratta del disegno di legge n.711 del 7 febbraio 1980 che tra l’altro prevedeva la ripartizione del territorio del parco in zone con diversificazione di destinazione e tutela e l’indicazione delle attività vietate in quanto incompatibili. Tutti elementi previsti anche nei nostri progetti e quindi difesi, con ostinazione, nel corso del tempo.
4 Il 28-30 ottobre 1980 l’Università di Camerino ospitò questo storico convegno. Noi eravamo presenti. Il dibattito si concluse con la sfida allo Stato e alle Regioni affinché realizzassero, entro vent’anni, un sistema di aree naturali protette su una superficie pari ad almeno il 10% del nostro Paese.
5 «l’Esagono», anno 1, n. 2, II trimestre 1979.
6 Come radicali eravamo fortemente motivati in quanto questa era la prima “iniziativa legislativa popolare” nelle Marche, messa in atto con la L.R. 5 settembre 1974, n. 23.
7 Si trattava delle proposta di legge n. 93, deliberata dal Consiglio Provinciale di Ancona nella seduta dell’8 novembre 1976, presentata al Consiglio Regionale il 15 settembre e ammessa dall’Ufficio di Presidenza il 25 novembre dello stesso anno.
8 Sono memorabili le fotografie dei primi decenni del ’900 relative al Monte Conero completamente spoglio.
9 Uno per tutti cito l’esemplare impegno di Elio Ronchini, ai tempi Presidente dell’Associazione per la Difesa della Natura e del Paesaggio di Senigallia. Leggo con ammirazione una delle tante lettere (27/11/1979) in cui si prodigava a livello regionale per la raccolta dei moduli delle firme chiedendo di poter «iniziare tempestivamente i necessari controlli, evitandoci ingorghi di lavoro».
10 È del gennaio 1980 una circolare delle associazioni naturalistiche che chiede a tutti gli associati e ai simpatizzanti di «scrivere subito agli amministratori marchigiani … esprimendo la più netta opposizione».
11 Per un totale di 197 moduli tutti regolarmente vidimati dalla Giunta.
12 Questo fu redatto e sottoscritto dai tre funzionari all’epoca in servizio: il dottor Emidio Fioravanti, la dottoressa Paola Santoncini e la dottoressa Maria Teresa Omenetti.
13 Ho voluto riferire questi particolari, apparentemente di poca sostanza, per sottolineare quanto fosse stata difficile la strada della partecipazione e quanto queste procedure innovative venissero osservate con diffidenza e sospetto.
14 Lettera del 19 febbraio 1980.
15 Ritrovo nell’agenda di quell’anno, in data 21 febbraio, un appunto con il ricor do d’aver conversato al telefono con Antonio Cederna. In particolare per fornire i dati necessari allo scritto che avrebbe poi preparato circa la nostra proposta per il Parco del Conero.
16 Protocollo n. 1.569.
17 Questo materiale fu prezioso poi alla ripresa dei lavori del nuovo Consiglio Regionale, quello della III legislatura.
18 La lettera del 21 marzo 1980, che trovò molta attenzione in diverse realtà associative delle Marche e presso uomini di cultura e moltissimi cittadini, denunciava «il silenzio» e «le menzogne strumentali» da parte di «tutti i gruppi politici presenti in Regione»; ricordava quindi il successo dell’iniziativa legislativa «del Partito Radicale con la collaborazione delle associazioni naturalistiche» evidenziando come i parchi già esistenti in Italia avessero dimostrato un crescente successo in «termini monetari ed occupazionali». Terminava chiedendo «l’immediata e sollecita discussione delle due proposte di legge».
19 NON È FESTA DI POPOLO Chiusi nel palazzo, protetti da carabinieri e poliziotti, i 40 Consiglieri della Regione Marche celebrano il decennale del proprio potere: intorno a loro, devoti e plaudenti, i funzionari reclutati tra clientele di partito ed i rappresentanti del regime: quelli della DC, il partito dei petrolieri e di Sindona, con i loro caudatari di PRI, PSDI, e PLI da sempre fedeli; quelli di PSI, che assolve Gioia per farsi assolvere; quelli del PCI, il partito del fermo di polizia e degli elogi ad Andreotti con la sua appendice pduppina; quelli del MSI accomunati agli altri nella strenua difesa del codice Rocco e del Concordato, glorie del fascismo. NON È FESTA DI POPOLO Il popolo, infatti, è stato definitivamente escluso dalla partecipazione al potere nel momento in cui, contravvenendo al preciso dettato dell’art. 44 dello Statuto, il Consiglio della Regione Marche si è rifiutato di discutere le prime due proposte di legge di iniziativa popolare regolarmente firmate presso i notai e le segreterie comunali da 12.000 elettori marchigiani per chiedere l’attuazione dei parchi regionali del Conero e dei Sibillini. Al di là del contenuto specifico delle due proposte di legge, il Consiglio regionale ha dimostrato, con questa gravissima inadempienza, di non accettare in alcun modo la partecipazione popolare prevista dal titolo III del suo Statuto. Questa, perciò, non è non può essere festa di popolo: è solo un’altra celebrazione liturgica del palazzo.
20 Un elettore scrisse su una scheda elettorale: “Ladri delle firme per i parchi del Conero e dei Sibillini”.
21 L’interpretazione autentica dell’art. 97, 1° comma del Regolamento interno, che risolveva il caso, fu adottata dal Consiglio Regionale nella seduta n. 55 del 10/11/1981.
22 Ciò in palese violazione dell’articolo 9 della L.R. n. 23 del 5 settembre 1974. 23 «Ecologo», 2 (1982), pubblicazione a cura della sezione di Italia Nostra di An cona.
24 Purtroppo fu un organismo che non riuscì a decollare oltre una prima fase di generica attività d’informazione e propaganda sui nostri progetti di legge.
25 Alla conclusione della legislatura, quindi nel marzo 1985, il professor Franco Pedrotti non era ancora riuscito a confrontarsi con il senatore Giuseppe Righetti.
26 La numero 96 della precedente legislatura.
27 Quasi sempre eravamo più aggiornati e documentati dei consiglieri regionali che attendevano il materiale dai funzionari o, talvolta, lo ricevevano dagli amministratori locali (solo se dei loro rispettivi partiti).
28 Più che evidente è il riferimento al nome dell’assessore ai Lavori Pubblici dell’epoca alla Provincia di Ancona, Mario Paolasini.
29 Si trattava di una dichiarazione del consigliere Carlo Latini, che, preoccupato per l’assenza, evidenziava ai colleghi come «la commissione avesse commesso una grave scorrettezza procedurale».
30 Si noti che l’Archeoclub era presieduto dalla sorella di Maurizio Sebastiani che, a sua volta, era il referente per Italia Nostra!
31 Ricordiamo bene come, molto spesso, ai banchetti per strada, oltre noi giovani attivisti, si notava la presenza significativa del “professore”, cioè di Renzo Paci.
32 Occasione per ricordare come quest’ultimo abbia recentemente condotto sul Conero, nel corso di un congresso scientifico internazionale, studiosi australiani, canadesi, giapponesi e altri provenienti dall’Europa centrale, nonché alcuni algerini.
33 Lo scritto evidenzia come il «parco rappresenti una occasione di riequilibrio e di integrazione nel territorio regionale, un modo nuovo di recupero ambientale e sociale, e soprattutto una visione più razionale e democratica degli spazi extraurbani».
34 Carlo Riginelli di Senigallia, all’epoca commerciante di spicco nel settore dell’abbigliamento, era stato anche tra i fondatori della Pro Natura Senigallia (ADNP). Inoltre va ricordato come sodale storico di Renzo Paci e del sottoscritto.
35 Tanto per confermare questa saggia indicazione, nel 1993 il primo dipendente del Parco fu il dr. Silvano Verdini. All’epoca era mio diretto collaboratore e quindi dipendente della Regione.
36 Questo parere evidenziava un certo contrasto con quanto espresso dal sindaco, Gianfranco Andreucci, che invece manteneva e ribadiva molte perplessità in proposito.
37 Chiedevamo che ad esempio attraverso le “campagne di informazione e di sensibilizzazione ecologica”, finanziate dall’Assessorato all’Ambiente e spesso incentrate su argomenti obsoleti da noi bollate come “aria fritta”, si affrontasse invece il tema dei parchi.
38 Il lavoro veniva accettato in data 31 marzo 1982; al riassunto veniva dato ri scontro il 17 luglio 1982. Successivamente nei tempi stabiliti (12 novembre 1982) lo stesso era inoltrato per la stampa del volume degli atti.
39 Ecco il testo della nota: «Questa vicenda è, a nostro avviso, il sintomo di un ennesimo tentativo del potere politico e dei suoi “vassalli” per coprire in ogni maniera le insistenti denunce sulle inadempienze e le responsabilità che, dap pertutto in Italia, come nelle Marche, minano da tempo il nostro patrimonio naturale. Questa cronistoria sulla mancata costituzione del Parco del Monte Conero, nelle Marche, ci conferma come ai cittadini si cerchi di nascondere le responsabilità di chi, per un verso o per un altro, è colpevole del proseguire del degrado ambientale».
40 Qui occorre ricordare come, proprio alla fine del 1982, il PCI per bocca del consigliere Luigina Zazio aveva espresso l’opinione che «bisognava comprimere al massimo l’iter legislativo, vista l’urgenza di arrivare alla discussione della legge in aula, evitando la fretta degli ultimi giorni di fine legislatura, come già accaduto nel 1980».
41 Comunque, in quel momento, fu quanto mai opportuna la precisazione del consigliere regionale Carlo Latini che ebbe a dichiarare testualmente: «il testo base è la legge di iniziativa popolare». Da parte mia feci questa stringata dichiarazione: «non si possono delegare i poteri della commissione all’associazione intercomunale». Più brutale, ma certamente molto chiara l’opinione del consigliere Stelvio Antonini del PCI che francamente ammise: «la proposta di legge numero 119 fa a cazzotti con gli orientamenti dell’associazione dei comuni».
42 Le avevamo preparate noi, anche con l’intervento diretto di persone legate alla famiglia di Renzo Paci, al fine di sollecitare l’iter delle due proposte, la 118 e la 119, che languivano sempre più. Distribuite in alcune migliaia di copie, erano state spedite da tutte le Marche.
43 Avevamo avanzato diverse richieste sull’argomento ancor prima che scoppiasse il cosiddetto “caso Guanti”, culminato con l’arresto di alcuni cittadini accusati di spionaggio.
44 La spiacevole situazione si concretizzerà poi durante lo svolgimento dell’iniziativa con vere aggressioni operate ai danni di tutti i partecipanti, donne e bambini compresi. A questi ultimi ad esempio furono bucati i palloncini che tenevano legati al polso. Ciò avvenne con delle lunghe canne sulla punta delle quali erano stati fissati, con del nastro adesivo, degli spilli. Malgrado le pur significative presenze delle forze dell’ordine oltre spinte, sputi ed insulti di ogni genere vennero anche lanciate contro di noi delle uova, addirittura dalla finestra del Municipio di Sirolo.
45 La motivazione era basata sia sulla previsione del consorzio coattivo tra Provincia e Comuni senza preventiva intesa e sia sulle modalità di approvazione dei piani di gestione in violazione dell’art. 121 della Costituzione.
46 Per decorrenza del termine di cui all’art.127, comma I della Costituzione e all’art. 47, comma II dello Statuto Regionale.
47 Anche in questa occasione aggiunsi soltanto pochissime righe in apertura della relazione: «Signori consiglieri, poiché si vorrà sostenere la decadenza dopo due legislature (articolo 97 del Regolamento interno) la proposta di legge di iniziativa popolare per la costituzione del Parco dei Sibillini (numero 340 della seconda legislatura e numero 118 della terza) il sottoscritto ripropone integralmente quel progetto, comprensivo dell’originaria relazione, parte integrante della presente».
48 Ovviamente aggiungevo «per sottolineare lo scandalo della scelta insabbiatrice operata dall’ex presidente della IV Commissione consiliare, di ignorare la proposta stessa in dispregio della volontà espressa da migliaia di cittadini elettori che intendevano – come il sottoscritto oggi – non imporre una legge, ma veder rispettato il diritto (legittimato dallo Statuto regionale e dalla conseguente legislazione) alla discussione del testo proposto».
49 Forse anche preoccupati per essere scavalcati dai loro colleghi della Regione Umbria che prevedevano la «gestione sotto forma di «parco» di due aree dei Sibillini confinanti con la Regione Marche».
50 Pubblicazione di 60 pp. articolata in 5 capitoli, come segue: Cosa è un parco; Perché un parco nei Sibillini; Uno sguardo alle altre Regioni; Proposta per i Sibillini; Cartografia.
51 Perché mai scartare la presenza, quale commissario, di uno dei tre primi firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare?
52 Guarda caso, invitato dal professor Valerio Giacomini, era presente quale relatore il compianto professor Donatello Serrani, di origini marchigiane. In quegli anni era tra i più qualificati consulenti della Regione Marche.
53 Forse per imbonire i cittadini più sprovveduti, uscivano dalla penna di qualche giornalista argomentazioni insulse e fantasiose. Si ebbe modo anche di leggere che il parco avrebbe portato ad un «notevole sviluppo dell’edilizia». Forse, non a caso, eravamo negli anni che precedettero il primo condono edilizio, datato 1985.
51 Perché mai scartare la presenza, quale commissario, di uno dei tre primi firmatari della proposta di legge di iniziativa popolare?
52 Guarda caso, invitato dal professor Valerio Giacomini, era presente quale relatore il compianto professor Donatello Serrani, di origini marchigiane. In quegli anni era tra i più qualificati consulenti della Regione Marche.
53 Forse per imbonire i cittadini più sprovveduti, uscivano dalla penna di qualche giornalista argomentazioni insulse e fantasiose. Si ebbe modo anche di leggere che il parco avrebbe portato ad un «notevole sviluppo dell’edilizia». Forse, non a caso, eravamo negli anni che precedettero il primo condono edilizio, datato 1985.
54 Legge 6 dicembre 1991, n. 394.