Cenni sul verde a Senigallia

Bollettino della Società 

AMICI DELL’ARTE E DELLA CULTURA 

di 

SENIGALLIA 

Annata 1984 

SENIGALLIA – Tipografia Moderna · 1985 

CENNI SUL VERDE A SENIGALLIA 

di 

Gianluigi Mazzufferi 

Francesco Perlini 

Il rapporto che unisce l’uomo con l’albero non è certo schematizzabile in una sola ipotesi in quanto molteplici sono i legami – dalle esigenze fisiologiche a quelle psicologiche — che collegano il mondo animale a quello vegetale. E’ certo storicamente che l’esigenza di verde è venuta aumentando con il crescere della struttura urbana, fenomeno questo più spiccato nei grandi agglomerati, ma evidente anche a Senigallia, cittadina di modeste dimensioni che per il fatto di svilupparsi lungo la costa Adriatica — alla foce del fiume Misa — certamente risente meno negativamente della crescita del “cemento”. 

Non sono lontani gli anni in cui – molti dei meno giovani tra noi li ricordano – gli orti si sviluppano immediatamente adiacenti alle abitazioni di periferia a poche centinaia di metri dal cuore della città. Solo nel dopoguerra, ma più precisamente attorno agli anni ’60 l’esigenza del verde pubblico ha sopravanzato quella fino allora prevalente del giardino privato forse perché i nuovi modelli abitativi hanno imposto, con il trionfo del condominio, la necessità di spazi verdi ad uso collettivo. La città di Senigallia però è restata, e permane tuttora, nella situazione di non disporre di grossi parchi urbani ma privilegia una serie disseminata di alberature lungo quelle vie cittadine che allargano la città, oltre il nucleo storico. 

Alla fine degli anni ’60 solo per l’iniziativa isolata di alcuni appassionati si potevano leggere qua e là sulla stampa articoli di denuncia per le cosiddette “toilettes mortali” che l’A.N.A.S. effettuava sugli alberi ai bordi delle strade o per gli interventi che giardinieri più o meno improvvisati, alle dipendenze di Amministrazioni Comunali e Provinciali, operavano arrecando ovunque offesa all’estetica, al buon gusto ed alla natura. 

Anche a Senigallia, prendendo come spunto gli interventi cesori manifestamente più criticabili, alcuni cittadini (poi fondatori o aderenti della locale associazione naturalistica) iniziarono un’opera di sensibilizzazione e denuncia che è proseguita fino ai nostri giorni, naturalmente evolvendo ed approfondendosi con una dialettica certamente più costrut tiva che ha portato a considerevoli miglioramenti tecnici. 

Una breve passeggiata nella nostra cittadina di un ipotetico visitatore attento a “fotografare” la situazione del verde urbano porterebbe – come ora noi tentiamo di fare – almeno alle considerazioni che sottoponiamo al lettore. 

Due ordini di valutazioni debbono essere tenuti presenti: 1) la scelta non sempre idonea delle specie e l’impianto criticabile per distanza, col locazione o metodiche di messa a dimora; 2) gli interventi cesori inopportuni e fisiologicamente dannosi, operati fin dai primi anni dell’im l’impianto e ripetuti – talvolta ostinatamente — anche in tempi recenti. 

L’aver privilegiato, ad esempio, essenze sempreverdi (pino, leccio, ligustro) oppure piante di grande mole (platano) disponendole in vie e piazze di ristrette dimensioni, in prossimità di case e giardini, a ridosso di fognature, condotte ed impianti di illuminazione ha comportato poi fenomeni di irregolare accrescimento, oppure la necessità di intense potature, talvolta fino alla pratica assurda della capitozzatura. In particolare questo modo di procedere comporta l’indebolimento delle potenzialità vegetative dell’albero, la formazione, per le nuove branche, di punti di frattura predeterminata, l’attacco di vari agenti patogeni (batteri, funghi, insetti) che ipotecano la salute dell’albero destinandolo in breve tempo alla morte, cioè incidendo anche in termini economici sul patrimonio urbano, 

Come caso esemplificativo si potrebbe citare la diffusa presenza degli aceri (Acer negundo) specie esotica che mal accetta la potatura, lungo numerose vie cittadine, da via Bolzano a sud fino a via Verdi o via Piave a nord. La tendenza ingiustificata a prescegliere le conifere per le alberature cittadine comporta, così come per l’uso di latifoglie sempreverdi, la permanenza di un aspetto monotono per l’estetica della città, gli svantaggi di un eccessivo ombreggiamento, specialmente nel periodo invernale. Tale inconveniente è possibile riscontrarlo in piazza Garibaldi o in via G. Carducci ove sono stati messi a dimora dei lecci che hanno sviluppato, secondo le caratteristiche morfologiche della specie, una folta chioma a ridosso delle abitazioni. Sono ancora riscontrabili conseguenze sfavorevoli dovute all’impianto di pini domestici lungo le vie A. Garibaldi, Marche, La Marca, Pescara, ove come contropartita al piacevole aspetto estetico dell’albero il manto stradale ed in particolare i marciapiedi hanno subito notevoli danni causati dall’eccessivo sviluppo dell’apparato radicale superficiale. Tali essenze sono state messe a dimora ad una distanza non rispettosa dalla reale mole del vegetale ed in anguste “tazze” di contenimento ove in breve tempo il tronco, completando lo sviluppo, oltre ad occupare il piccolo spazio a disposizione ha danneggiato gravemente il marciapiede. 

Ci permettiamo di ricordare che nel caso in cui le distanze di piantumazione non siano state rispettose del futuro sviluppo dell’albero, negli anni successivi alla messa a dimora, si verificano evidenti addensamenti che costringono gli operatori ad interventi cesori particolarmente drastici, con il solo effetto di indebolire la pianta conducendola più rapidamente alla morte. 

E’ questo appunto il caso verificatosi lungo le vie Gramsci, Amendola, Venezia o a piazza Simoncelli dove i platani furono sottomessi a drastiche potature; i tagli successivi li potremmo definire come di contenimento, ma il risultato del tutto inadeguato fa apparire gli esemplari come degli astoni affetti da gigantismo. In questo caso varrebbe la pena, senza indulgere al sentimentalismo, di diradare i soggetti, si recupererebbero in ampiezza le superfici delle chiome e se necessario si potrebbe limitarle con tagli di ritorno. 

Una buona gestione del patrimonio cittadino dovrebbe prevedere, con maggiore elasticità, la sostituzione di alcune alberature con altre rispondenti più specificatamente alle esigenze urbane; ci permettiamo di indicare alcune essenze che risultano maggiormente indicate non solo per le loro peculiarità botaniche, ma soprattutto per una spiccata funzionalità urbana, intendendo come tale la resistenza alle potature e soprattutto all’inquinamento della città (gas di scarico, fumi industriali, polveri), nonché ai parassiti e considerando anche un aspetto gradevole che caratterizza la specie stessa. 

A tale requisito rispondono in gran parte frassini ossifilli, bagolari, robinie ed alberi di Giuda, Inoltre, anche se con poca coerenza con i nostri principi generali — che sono quelli di non dare grande spazio alle specie esotiche – potremmo consigliare l’uso di sofore, paulownie, catalpe, albizzie, ippocastani, magnolie caducifoglie, pruni Pissardii e maggiociondoli. Quest’ultime specie, in particolare per le loro pregiate fioriture che in un ambiente urbano ove in gran parte dominano monotone sempreverdi – lecci, ligustri, pini – apporterebbero una simpatica nota di colore. 

A nostro avviso l’esperimento potrebbe essere fatto lungo i portici Ercolani nelle aiuole ove attualmente si trovano i ligustri, molti dei quali in cattive condizioni. Assai malandati risultano anche i tamerici dei lungomare (Mameli ed Alighieri); molti di questi sono affetti da carie ed aggrediti da vistosi funghi. La prima tempesta di vento compirà tra loro il consueto scempio? 

Ripetute potature non hanno che indebolito i soggetti e favorito l’ingresso di agenti patogeni in quelle ferite innaturali. Questa parte della città che tanta importanza ha per i risvolti turistici meriterebbe certamente maggiori attenzioni anche per sfatare la diffusa credenza che venti e salsedine impediscono a tutte le piante di collaborare con l’uomo per l’arredamento delle sue strade e dei suoi giardini. 

I lembi di verde ormai storici, sono per Senigallia, i giardini Catalani e Morandi, largamente dominati dalle conifere e che per le loro caratteristiche, non richiedono praticamente nessun intervento. Quando tal volta l’uomo — come nel caso del giardino Morandi — pensa di aiutare gli alberi a resistere alla forza dei venti dominanti, assistiamo purtroppo a casi penosi di puntellamento con saettoni di legno infissi cruentemente sul tronco. Da ultimo ci sia consentito citare il recentissimo esempio della messa a dimora di numerosi giovani alberi nell’area dell’ex piazza d’Armi prevista a parco. Appare evidente il forte squilibrio nel rapporto conifere – latifoglie a favore delle prime, la congrua distanza tra specie destinate ad un futuro notevole accrescimento, il totale abbandono dei giovani alberi subito dopo il loro impianto, avvenuto per di più a stagione inoltrata. E’ stata notata anche la carenza di adeguati tutori che in alcuni casi avrebbero potuto assicurare migliore protezione a questo “germe” di patrimonio verde. Per quanto riguarda la totale assenza di siepi e cespugli, data anche l’importanza di questi nella lotta all’inquinamento e soprattutto all’assalto dei rumori, auspichiamo che quanto prima si voglia provvedere con adeguati impianti. 

Le conclusioni di questo breve scritto non possono ovviamente essere entusiastiche ed ottimistiche; situazioni gravemente compromesse sono state da noi denunciate per molte delle alberature cittadine e risulta evidente che non sempre sono possibili interventi di recupero. 

C’è però una nota ottimistica che vale la pena segnalare ed è quella di una crescente e sempre più matura coscienza del valore e dell’importanza che il patrimonio arboreo ed arbustivo hanno per la città. 

Non solo quanti per affinità di preparazione o di estrazione sono più sensibili a questi argomenti, ma anche chi, fino poco tempo fa non si accorgeva nemmeno di passeggiare all’ombra di un filare di alberi, oggi avverte la necessità di incrementare e proteggere queste insostituibili risorse naturali. 

Con la diffusione di questa coscienza tra i cittadini gli amministratori dovranno prestare responsabile attenzione ad un tema che fino a ieri era certo in coda alle classifiche dei loro interessi. 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 

1) – F. CORBETTA, A. BRILLI CATTARINI “Relazione per il sopralluogo effettuato il 

16 febbraio 1976″. Senigallia (dattiloscritto), 

2) – Associazione per la Difesa della Natura e del Paesaggio. 

“Senigallia: nessun intervento in due anni per il verde pubblico”. Il Resto del Carlino, 2 febbraio 1978. 

3) – G. MAZZUFFERI, “Il verde urbano”, in atti del convegno. 

“Senigallia: città e territorio”, Senigallia, 1980. 

4) – F. CORBETTA “Mali di stagione” in Notiziario Unione Bolognese Naturalisti, an 

no 9, no 2, 1981. 

5) – G, GOIDANICH “Potare non significa massacrare”. 

Il Resto del Carlino, 31 gennaio 1982,

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